C’è, e lo notiamo tutti, una sorta di tendenza incontrollabile sul piano sociale e politico. Ed è qui la deriva: quando sembra sempre più facile chiedere consiglio, aiuto, supporto ai nostri smartphone anziché alle persone che ci circondano.

Ho letto una notizia sul The Guardian nella mia abituale rassegna stampa mattutina. La notizia in questione riguarda una ragazzina di sedici anni che in un momento di crisi esistenziale ha lanciato su Instagram un sondaggio. Agli utenti, suoi amici e non, si chiedeva di scegliere tra la vita e la morte della stessa.

Gli stessi utenti a maggioranza hanno risposto scegliendo la morte.

Così prendendone atto la suddetta ragazzina ha deciso di farla finita. Mi chiedo dove siamo arrivati e non riesco a dare alcuna risposta. Nessuno degli utenti si è preoccupato di chiederle cosa stava accadendo, se il suo sondaggio non fosse solo un gioco ma una disperata richiesta di attenzione.

Hanno risposto, mandando un feedback con un pollice puntato sulla morte. Lo stesso pollice che usano per scegliere un paio di scarpe o una pizza.

L’adolescenza è un periodo della vita terribile, è pieno di dubbio e di buio. L’adolescente di ieri, identico a quello di oggi, piangeva circondato da persone, sbatteva porte e alzava muri.

Quando mancavano le persone non c’erano sondaggi da lanciare, social con cui fare i conti e confrontarsi, così delle volte si ricorreva agli adulti con cui per lo più si litigava ma da questo confronto/scontro c’era sempre qualcosa per cui valeva la pena andare avanti.

Ieri una mia alunna è uscita dalla classe sbattendo la porta, piangendo senza respirare. Ho pensato che tutta questa tragedia fosse scaturita dal brutto voto che le avevo appena consegnato.

Ho parlato con lei.

Si è calmata ma con gli occhi lucidi mi ha detto “Prof, tutto mi fa male”. Avrei pianto insieme a lei se avessi potuto. Ma ho deciso di essere l’adulto con cui ci si confronta e ci si scontra. L’ho ascoltata e alla fine abbracciata. Oggi l’ho incontrata per i corridoi.

Mi ha sorriso.

Non so se è servito, non so se il mio intervento domani le servirà ancora. Questo non mi importa. Vorrei solo dirvi di guardarli negli occhi questi adolescenti, di ascoltarli un po’ di più, di non lasciare che proprio tutto li disintegri, di essere presenti e se necessario prendersi porte in faccia e schiaffoni.

Perché la nostra di adolescenza, quella degli adulti intendo, non è mai finita e chiunque di noi ha la necessità di specchiarsi negli occhi di qualcun altro. Forse questa deriva può divenire sponda.

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