Mi sono svegliata con un solo unico desiderio: Replicare un odore.Sono uscita dopo il caffè per comprare tutto l’occorrente. Tornata a casa: trito, spezie, alloro, basilico, sfumo di vino. 

Mi sono stesa mentre il ragù gorgogliava e imbrattava l’aria e la mia vita. Avevo solo bisogno di riconoscermi. Nell’odore del ragù della mia mamma, nel rumore delle pentole la domenica mattina. Avevo bisogno di trovare un’identità persa per un poco ma che si veste di fiamma accesa quando bussa alla mia porta. L’odore ha cambiato lo spazio che è prima diventato casa di mia madre, poi casa di mia nonna. 

Ho percorso il giardino volando, sono entrata dalla finestra sul barbecue, poi più là verso il salotto e su per le scale sono sbucata sulla veranda della mansarda. Vi osservavo da sopra mentre il vento caldo di Sicilia si spingeva oltre le nuvole, oltre la mia testa. Vi ho visto sereni. Mi sono svegliata, bruciandomi un dito sul fornello. 

Ho completato le operazioni di controllo sul contenuto della mia pentola e mi sono seduta ad aspettare. Intanto la replica stava prendendo forma e suono. Mi sentivo bene. Possiamo dirlo, felice.

Catturare l’odore di ogni cosa che ti rende felice. Scolpirlo nella memoria. Lasciarlo lì a macerare. Replicarlo, se necessario. Perché quando tutto è perduto, quando senti frantumare la tua anima,il sapore e l’odore, per lungo tempo indugiano. Come fossero anime in attesa e stanno lì a ricordare, a sperare sopra le rovine, sulla loro stessa impalcatura che è il ricordo.

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