Il pecorino siciliano, da Polifemo ai giorni nostri


Una regione può essere visitata, conosciuta, ammirata o detestata, la Sicilia, in più, può essere annusata, inebriati dal sapore naturale dell’aria; assaporata nella sua varietà di gusti; sublimata, appagati dalla pienezza dei piatti, e, infine, mangiata per comprenderne, fino in fondo, il ricco patrimonio eno-gastronomico, pregno di cultura e storia.

La tradizione dei prodotti caseari tipici, ad esempio, oltre che ricca per varietà e preparazioni, è antichissima, risale, addirittura, alle comunità fenicie.

Nella fattispecie, il pecorino è un formaggio che reca con sé l’odore dei secoli, ed in equilibrio come una danza perpetua, lega procedimenti passati ed apprendimenti recenti.

Il caglio di Omero

Persino Omero, nell’Odissea, raccontava che il pastore Polifemo, gigante con un occhio solo, preparava i caci con il latte delle sue pecore: ““fa cagliare metà del latte e lo depone in canestri intrecciati” (IX SEC. A.C.).

Fumetto realizzato dall'artista Stefano Marzano “Polifemo che prepara i caci”
Fumetto realizzato dall’artista Stefano Marzano “Polifemo che prepara i caci”

Ed ancora, Plinio il Vecchio (23-79 d. C.) scrive in ‘Naturalis Historia’: “Roma, dove le dovizie di tutte le genti si possono giudicare da vicino”, e classificando i formaggi si riferisce al cacio siciliano definendolo uno dei migliori dell’epoca. Parlava del pecorino Siciliano..

Un formaggio che racconta la storia e che ha fatto la storia, deve necessariamente eccellere: le sue caratteristiche sono uniche ed irripetibili, è prodotto esclusivamente con latte di pecora intero, fresco e coagulato con caglio di agnello.
Il latte da caseificare proviene da pecore allevate al pascolo spontaneo.

I pascoli dai quali il gregge si alimenta marca fortemente il latte prodotto, l’alimentazione al pascolo spontaneo trasferisce al latte tutti i sapori e tutti i profumi del territorio. Ecco perché è fondamentale una corretta alimentazione del gregge, per garantirne salute e benessere degli animali, che influirà qualitativamente sul formaggio.

Il latte da caseificare deve essere quello della mungitura mattutina o serale, raccolto in una tina di legno assieme al caglio in pasta di agnello o capretto. La cagliata viene rotta con una rotula di legno e ridotta in pezzi grandi quanto un chicco di riso; viene poi aggiunta acqua calda a 70°.

La spurgatura…

Dieci minuti dopo l’aggiunta dell’acqua la pasta viene spurgata con le mani nella piddiaturi e posta nei fasceddi, i canestri di giunco che conferiscono al Pecorino la sua forma tradizionale.
Dopo circa venti minuti d’assestamento nei canestri, si sottopone la pasta alla scottatura per circa 2-3 ore.

  Successivamente la cagliata viene stesa su di un piano inclinato (tavoliere) per uno o due giorni. Le forme vengono rivoltate più volte nelle fascedde per conferire al Pecorino Siciliano DOP la caratteristica forma a cilindro.

La salatura viene applicata manualmente su ciascuna forma, il giorno successivo, e dopo dieci giorni le forme vengono sottoposte ad un nuovo trattamento.
Il periodo di stagionatura viene effettuato in locali areati naturalmente.
Solo in questo modo il pecorino siciliano DOP acquisisce la propria personalità, mantenendo in sé tutti i sapori della Sicilia.

La superficie è molto rugosa a causa della modellatura lasciata dal canestro. La pasta è compatta, di colore bianco o giallo paglierino, con occhiatura scarsa.
Fra le caratteristiche peculiari del Pecorino Siciliano DOP, vanno annoverati anzitutto il gusto leggermente piccante e l’incantevole profumo.

Stagionatura dai 4 agli 8 mesi.

Il pecorino DOP, in base al grado di stagionatura prende il nome di: tuma (prodotta dalla cagliata senza aggiunta di sale) pochi giorni dalla produzione; primo sale dopo quindici giorni  (Il termine “primosale” è usato soprattutto nell’Italia meridionale e in Sicilia è una denominazione che è stata inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani – P.A.T. – del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, essendo stato riconosciuto come prodotto tipico siciliano; semi stagionato trenta-sessanta giorni; stagionato novanta – centoventi giorni.

Pur essendo il formaggio più antico d’Europa, rischia di esser dimenticato, superato dai formaggi “importati” o da altri validi concorrenti siciliani. Ma c’è chi lavora contro l’oblio, per fare in modo che questo gustosissimo formaggio sia uno dei prodotti trainanti dell’agroalimentare siciliano, forse il più rappresentativo e patrimonio della nostra terra.

La promozione di questo formaggio, fuori dai confini meramente regionali, potrebbe fungere da volano, per le piccole e medie aziende casearie, per l’inserimento nel mercato food internazionale e proponibile ai buyers stranieri

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