Dieci cose da vedere al MUMe


Riaperto dallo scorso anno nella sede attuale nel viale della Libertà, il Museo regionale interdisciplinare di Messina (Mume), rappresenta oggi una delle sedi museali più interessanti della Sicilia. Di certo, è un perfetto “benvenuto” per chi ha appena attraversato lo stretto e vuole iniziare proprio dalla città peloritana un tour dell’Isola. Di seguito, troverete una personalissima guida del Mume. È un percorso emozionale più che artistico, che è certamente sintetico delle opere distribuite sui 4700 metri quadrati dello spazio espositivo, eppure – nostro avviso – rappresentativo del rapporto che quello stesso spazio ha con il visitatore e con la città di Messina. Vi proponiamo 10 buoni motivi – in ordine sparso e senza ipotesi di classifica – per visitare il museo.
  • Antonello da Messina. Non potevamo non iniziare da Lui che, con buona pace per il proverbio – è profeta in casa. Il Polittico si San Gregorio, infatti, vale più di una visita; una vera e propria pausa. Osservazione d’insieme, contemplazione, dettaglio, resi più facili da un allestimento museografico funzionale.
  • Montorsoli. L’originale statua del nettuno di Giovanni Angelo Montorsoli (una copia fedelissima campeggia sulla fontana di piazza Unità d’Italia, di fronte al Palazzo delle Prefettura), si estende in magnificenza nella sala, quasi come a sentirne il tatto e il peso della mano, mentre l’attenzione viene catturata da Scilla, figura mitologica dello stretto, anch’essa appartenente allo stesso complesso scultoreo.
  • La Madonna della Lettera di Mattia Preti, merita posizione in questo percorso. Non solo per il pregio del dipinto, ma per il valore simbolico che la santa Patrona, assume per la città. La stessa che campeggia dorata all’ingresso nel porto.
  • Caravaggio Al Mume sono custodite due delle 4 tele che Michelangelo Merisi produsse nel suo soggiorno in Sicilia. Si tratta della Adorazione dei pastori e della Resurrezione di Lazzaro. Si tratta probabilmente delle opere più celebri del museo, eppure sembrano avere una posizione liminare all’intero percorso museale. Come a volere dire che le meraviglie non si offrono agli occhi, ma vanno cercate.
  • Il crocifisso ligneo di maestro ignoto tre-quattrocentesco riesce a catturare l’attenzione del visitatore per la sua semplicità rappresentativa, in grado tuttavia di rendere al corpo del Cristo e all’opera tutto una solennità essenziale.
  • Le cosiddette maestranze combinano sagacemente materiali e colori e mettono in scena l’abilità dell’artificio e la magnificenza dell’esito. Intarsi lignei, tessuti preziosi, sculture di metalli e coralli, e poi ancora marmi, pietre dure, paste vitree che offrono agli occhi perfetti giochi cromatici.  
  • I fiamminghi. Anche Messina è stata laboratorio per moltissimi pittori fiamminghi nei secoli XVI e XVII. Essi hanno portato in Sicilia una cifra stilistica che ha fatto scuola. Stomer, Coter, Casembrot, Van Houbracken sono solo alcuni nomi.
  • La carrozza senatoria è un piccolo spettacolo nello spettacolo in cui lo sfarzo estetico sembra riprodurre fedelmente l’eccesso del potere.
  • La cripta. Nella parte del museo dedicata all’archeologia, tra i reperti dell’antica Zancle-Messana è impossibile non fermarsi ad osservare la cripta, ciò che rimane del vecchio monastero cinquecentesco sulla cui spianata è stato costruito il museo.
Una menzione merita anche il giardino, parte non affatto secondaria del percorso, colorata di fiori e profumata di piante officinali, tutte opportunamente accompagnate da didascalia. E poi d’altra parte delle siepi, il guardo sul mare e sul continente

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