“Questa è l’ultima volta che ti dimentico”, il nuovo romanzo di Levante


Quanto potere hanno gli altri di decidere chi siamo e come dovremmo essere?

In questi giorni, Levante è in giro per le librerie di tutta Italia a presentare Questa è l’ultima volta che ti dimentico, il suo secondo romanzo edito da Rizzoli. Io, che mi ero svegliata con in testa Abbi cura di te, quando ho saputo che l’indomani sarebbe stata al Mondadori Bookstore di Catania sito in Piazza Roma,  ho deciso subito di andare ad assistere.

E così mi sono ritrovata dinanzi a Levante, che come sempre ha abbracciato calorosamente i fan e riso con loro.

Non mi capita spesso di iniziare un libro e completarlo in un giorno, ma aprendo la prima pagina e leggendo la dedica “a te che non so più chi sei”, ho voluto indagare sul significato di questa frase, proseguendo con la lettura. 

Levante presenta il suo secondo romanzo a Catania

A dispetto del titolo e della sinossi, le parole di Anna, protagonista del romanzo, nella loro semplicità offrono chiari e dettagliati spunti di riflessione familiari un po’ a tutti, indipendentemente da genere o età.

In realtà, la trama del romanzo è solo un sottile contorno rispetto al bagaglio emotivo e ai ricordi delle percezioni, dettagliati minuziosamente e arricchiti da metafore.

Il racconto di Anna comincia dai primi giorni di scuola elementare, pieni di paure e insicurezze. La sensazione di invisibilità, soprattutto quando a non vederla è il bambino più bello della classe, o persino l’amichetta del cuore, negli anni a venire cederà il posto alla danza e al sogno di diventare un’étoile.

Chiaro è, fin da subito, che per quanto sia una bambina sveglia e sensibile, quelle che dovrebbero essere risposte pronte… arrivano sempre in ritardo. 

La Sicilia del ’90

Ma il filo conduttore che lega gli avvenimenti è la Sicilia, e più precisamente la Sicilia degli anni ’90: le vittime della mafia, l’uccisione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non vengono ripercorse attimo per attimo, ma riecheggiano nell’indignazione attraverso piccoli e significativi passaggi che hanno segnato tragicamente la vita di Anna e sono stati cruciali per la sua precoce crescita personale.

Le origini di Palagonia

Levante, che ha vissuto a Palagonia i suoi primi quattordici anni prima di trasferirsi a Torino, lo sa bene:

“Non è un libro autobiografico, ma inevitabilmente vi sono dei fortissimi parallelismi tra me e lei. – spiega lei stessa – Primo, perché quando scrivo, che siano canzoni o romanzi, attingo dal mio bagaglio emotivo ed esperienziale. E poi, perché racconto di una Sicilia che conosco io, una Sicilia dell’entroterra che non conosce il mare nella sua quotidianità, ma solo infinite distese di aranceti. È un contesto ancora più difficile sotto certi punti di vista.” 

Una Sicilia dei piccoli paesini in cui tutti si conoscono, pieni di pettegolezzi, ingiurie e in cui non mancano certo quelle anziane che buttano per strada l’acqua torbida e saponata usata per lavare i pavimenti.

Le sensazioni della protagonista spesso si rispecchiano nel disagio estetico delle strade, in cui le tante case spoglie e senza facciata fanno ombra invece a quel po’ di buono che c’è. 

“Quanto potere hanno gli altri di decidere chi siamo e come dovremmo essere?”

Il bigottismo

Tra le chiacchiere da cortile vi è anche quella religiosità cieca e irrazionale che sfocia nel bigottismo e che non ammette argomenti tabù come l’omosessualità, che soprattutto vent’anni fa veniva nascosta molto più che adesso.

Presente è anche l’inconsistenza delle aspettative altrui di fronte ai reali sogni e ambizioni, di cui gli adulti si vergognano e che semplificano, anteponendo invece un senso di responsabilità che nulla ha a che fare con la felicità. E forse nemmeno con la serenità.

Che l’unico modo per sopravvivere sia fuggire?

Saranno queste le ragioni per la quale Levante ha scelto questo titolo per il libro?

Questa è l’ultima volta che ti dimentico è un titolo che avevo pensato per un primo libro iniziato intorno ai 20-21 anni, e parlava di Sicilia, di ricordi. Ma era un racconto che poi si è perso tra gli esami dell’università, perché la mia priorità era quella di fare musica.”

Se non ti vedo non esisti

“Quando mi sono data la possibilità di affrontare una canzone molto più lunga di tre minuti, e quindi di scrivere un romanzo.   Ho voluto riutilizzare questo titolo dopo Se non ti vedo non esisti, che per me era stato un libro veramente necessario. – racconta –  In realtà entrambi i titoli sono delle grandissime bugie.

Qualsiasi cosa tu decida di dimenticare la ricorderai per sempre. Le cose che veramente dimentichiamo sono quelle che realmente no ci passano per la testa. Quando decidi che vuoi dimenticare allora è veramente un tatuaggio nell’anima.”

Ma il passato rappresenta anche gli anni della noia creativa, diversa da quella attuale in cui ti rifugi nello smartphone a guardare le vite degli altri. 

Lo specchio

Un’altra parola chiave delle memorie di Anna è lo specchio, la percezione di sé stessi e il confronto con l’altro. Il malessere dovuto alle numerose assenze nella sua vita incide sull’immagine e la propria percezione di sé.

A gravarvi addosso vi è anche il giudizio altrui e l’invidia di chi sta accanto, che non è consapevole di soffrirne, per quanto sia smisurata la sua cattiveria.

Ma non temevo il confronto, non avevo paura di dire cosa pensavo. Mi avvicinai a lei con un sorriso di compassione e la mia voce roca le disse: “C’è qualcosa che non va?”. Lucilla sgranò gli occhi. Com’era potente la gentilezza , che sapeva spogliare le persone, denudarle dal vestito migliore, rimuoverne le maschere convenevoli, deluderne le aspettative livorose. 

È con questa citazione che la protagonista regala la prima lezione di empatia, anche a chi non si è mai trovato nei suoi panni. Non sarà la prima volta in cui si chiederà se qualcosa degli altri le sia sfuggito e vi siano domande che in realtà non si è mai posta. 

E’  proprio quando capisce che anche noi facciamo parte della gente di cui ci lamentiamo, che cerca di essere il cambiamento che vuole vedere, come Gandhi insegna.

Insomma, le parole che Claudia (vero nome di Levante) utilizza attraverso le memorie e il flusso di coscienza dell’io narrante, sorprendono nella loro semplicità.

Rispecchiano tutti coloro che si sono trovati in situazioni analoghe, per quanto diverse possano essere le vite di ognuno.

Chi invece si riflette più dalla parte opposta può comunque giovare di certi insegnamenti.

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