Sono in treno, ho alle orecchie i Pink Floyd con un pezzo lungo 11 minuti e 17 secondi, gli stessi che servono a far partire il mio treno. Ho anche un libro, uno dei tanti di Philip Roth, scrittore a cui mi sono legata in maniera quasi viscerale tanto da portare con me le sue parole dentro le tasche dei giubbotti ormai troppo pesanti, nelle giornate impervie, in quelle sorridenti e spensierate.

Sono in treno e di fronte a me c’è una ragazza che parla al telefono. Spio involontariamente la sua conversazione. Sembra parlare con un’amica, lei risponde un po’ annoiata. Il loro discorso ,che riesco a intuire per metà, è semplice: siamo vecchie e dobbiamo trovare qualcuno che ci ami e voglia fare un figlio.

Fare un figlio

Come se fosse uguale a farsi uno shampoo.
Da qualche settimana questi discorsi sembrano perseguitarmi e le mie riflessioni circa questa questione sono confuse.
Una tizia mi ha detto che è bene essere giovani per mettere al mondo un esserino, il che significa che bisogna avere molte energie, e me lo diceva con una faccia sbattuta, esausta.

Sempre la stessa tizia tornava a dirmi che avrebbe dovuto lasciare un lavoro perché “con i figli è impossibile” e proseguiva perentoria “tu sei così rilassata, si vede che non hai figli”.

Quasi come se l’unico fattore di stress per una donna fosse l’avere un figlio, quasi come se l’unico obiettivo ultimo fosse per una donna accasarsi e trasformarsi in un contenitore per sentirsi appagata, piena, utile.

In che anno siamo?

Il mio calendario a forma di smartphone mi dice 2019, il medioevo però è più vivo che mai.
Non capisco se volete una gravidanza o se volete un figlio.
Non capisco, forse perché non riesco ad averne coscienza, a pensare alla mia vita come cifra esclusiva della maternità.

Questa maternità che continuamente sbattete in faccia a chi non la vuole o peggio a chi la vuole e non ce l’ha.
E vi autocelebrate continuamente soprattutto se siete madri che lavorano e ci dite che il nostro orologio biologico sta per scadere guardandoci come se fossimo vasetti di yogurt infilati dentro un frigo.

Attente ragazze, tra qualche anno sarete da buttare!

Guai poi a mostrare indifferenza di fronte al desiderio di avere un figlio. La propensione ad accogliere, a prendersi cura, a sacrificarsi non è prerogativa della maternità o non lo solo.

E ricamate racconti pieni di iperboli perché la vostra di gravidanza è stata lunga, difficile, estenuante di sicuro più di quella della vostra interlocutrice.
Penso alle donne che non possono essere madri a quelle non vogliono diventarlo e mi chiedo, costantemente, per quale ragione questo affetto smisurato che riservate ai vostri piccoli e teneri pargoli non siete in grado di moltiplicarlo anche per le vostre sorelle.

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