“Avrei voluto parlarti di me”


“Avrei voluto parlarti di me” è un romanzo di Daniela Trovato. Quando l’ho ricevuto, l’ho sfogliato svogliatamente e l’ho richiuso. Niente, dentro di me non era scattata la scintilla. Forse lo sentivo distante, non so.

Poi, in un giorno di pioggia scrosciante, presa da altri mille pensieri, una voce dentro me mi fece venire la voglia e la curiosità di immergermi in una storia nuova. E così ho conosciuto Zaira Lanteri.

Pianista affermata, attraverso la sua musica, come le fasi di un concerto per pianoforte mi ha definitivamente conquistata.

Zaira è siciliana, e probabilmente mi sono sentita immediatamente in empatia con lei, perché solo chi è siciliano sa cosa vuol dire esserlo.

La scrittrice e pianista ritira un premio letterario
Daniela Trovato autrice de
“Avrei voluto parlarti di me”

E’, la nostra, una condizione vera e propria, la “sicilianità” ce l’abbiamo fusa nel DNA. A maggior ragione se si è donne. Già da piccole, infatti, e per Zaira ancora di più, ci scontriamo inevitabilmente con un certo tipo di realtà, fatta di uomini d’onore, di patti di sangue e di sottomissioni ai padri padroni e FAMIGLIE.

Rispetto e onuri mi devi purtari; senza ariddi ppi la testa, si ancora na addeva e a ffari chiddu ca addecisi iu, nè chiù ne menu

Ma Zaira, figlia di uno dei capi mafia più temuti di Palermo, non ci sta. Lei è una donna forte, fiera e senza paure, non le piace quello che succede intorno a se e così decide di fuggire. Lascia un mondo spietato e violento per cercare una nuova vita in cui essere sé stessa, senza, tuttavia ripudiare le sue origini e il suo passato che è comunque parte di lei, perché solo attraverso questo è diventata la donna che è.

La copertina del libro edito da Il Convivio Editore

Sullo sfondo della campagna umbra, Zaira si accinge a ricominciare e la nuova vita è tutta una scoperta, sensazioni, profumi. Un padre spirituale, Don Gaspare, rubicondo e allegro, le insegna cosa vuol dire perdonare

Che non è certo un atto mentale facile, perché in molte occasioni giunge dopo una dura battaglia con le emozioni negative

E, infine, l’amore. Quello vero, travolgente, che lascia senza respiro al quale avrebbe voluto dire tutto, del suo passato, delle sue aspirazioni.
Ma come nell’incipit della V sinfonia di Beethoven, l’oscurità incombe e il suo passato le piomba addosso con una prepotenza devastante.

Don Ciccio Lanteri, quello che lei chiama papà, il primo amore di ogni bambina, pretende soddisfazione nei confronti della figlia fuggiasca.
Come uno Shyloch ma con la lupara pretende la sua libbra di carne.
A Zaira non resta che affermare

la mia esistenza altro non è che un brillare malinconico tra sprazzi di luce e improvvise zone d’ombra“.


Tutto finisce, tutto, irrimediabilmente, precipita ma lei appare quasi anestetizzata, come se questo suo, fosse un destino al quale sa di non potersi sottrarre. Lei, che è figlia di un mafioso ne è cosciente, non si sfugge alla piovra dai tentacoli micidiali.
Il pianoforte, la sua musica sono, però, lì, ad assorbire le sue lacrime e sono anche la forza di andare avanti nonostante tutto.

Il pianoforte, la sua musica sono, però, lì, ad assorbire le sue lacrime e sono anche la forza di andare avanti nonostante tutto.

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