“Al suo posto”: quattro attori in scena per raccontare quello che le donne vivono


Al suo posto - Teatring

“Al suo posto” per il Fringe è Sold Out!

Per la rassegna Fringe Catania 2025 – A Palazzo Scammacca Del Murgo – dal 16 al 19 ottobre 2025 è andato in scena lo spettacolo teatrale “Al suo posto” di Marianna Esposito con la compagnia Teatring.

Per il secondo anno al Fringe Catania, la compagnia teatrale Teatring ha replicato il sold out di Milano.

Immaginate un mondo da sempre matriarcale. Siamo in un bar. Quattro uomini si ritrovano regolarmente per pianificare, con largo anticipo, una giornata alle terme. Ma la scelta della data è solo un pretesto: da lì si apre uno spazio intimo, quasi confessionale, dove la conversazione scivola fuori dai binari consueti. Il testo di Marianna Esposito gioca con gli stereotipi maschili, li ribalta con ironia e li smonta attraverso un linguaggio inventivo e provocatorio — tra “quote blu” e “Burger Queen” — che apre spiragli su temi attualissimi.

Non è una parodia, né un gioco di ruoli. È un esercizio di empatia radicale: uomini che indossano, letteralmente, i vissuti femminili per raccontare ciò che spesso resta invisibile. Le stesse preoccupazioni che le donne elencano ogni giorno: rientrare a casa senza paura, conciliare carriera e cura, restare “presentabili” per valere qualcosa.

“Al suo posto” è una palestra per accendere il pensiero critico verso le questioni di genere. L’uomo, spesso sul banco degli imputati, qui viene celebrato come vittima sull’altare: è lui a denunciare la violenza domestica, lui a minimizzare quella psicologica, lui a sentirsi fuori posto sul lavoro. La narrazione si muove a ritroso nel tempo, dal 2021 fino al 2016, intrecciando eventi scenici e fatti di cronaca. Le notizie di cronaca alla radio, anch’esse ribaltate, come un effetto freeze bloccano gli attori in scena, raggelati dalla brutale violenza diffusa, essi riprendono presto un’istintuale leggerezza di sopravvivenza prestandosi ai selfie, rivelando come le ellissi temporali del copione — purtroppo — non cambiano l’attualità.

Al suo posto: un gioco allo specchio

Al suo posto lascia riflettere lo spettatore con una leggerezza quasi televisiva: il pubblico ride, ridono i personaggi. Poi, piano, la risata si incrina. È il momento in cui capisci che il gioco allo specchio è solo capovolto, ma la realtà è identica.

Uno spettacolo necessario, accessibile, intelligente

Marianna Esposito costruisce una drammaturgia a pendolo: battute rapide, tempi comici millimetrici, sorrisi che si fanno amari e lacerano anche le vecchie cicatrici.

Laddove le istituzioni falliscono, procedendo con vana retorica, presenziando alle manifestazioni, alle sfilate luttuose con la popolazione indignata, ma il fenomeno culturale non si argina, può riuscire uno spettacolo teatrale, per tutti e per tutte le età, giacché il punto non è “spiegare” la violenza con un sermone: è spostare il baricentro dell’empatia. Funziona perché riconosci gesti minuscoli e frasi automatiche, solo che—per una volta—stanno indosso ai corpi maschili.

La scrittura: normalità tossiche, senza slogan

Il testo lavora sulle micro–percezioni, su dettagli banali e consuetudini consolidate e proprio per questo insopportabili, ma le ovvietà come caricature servono a disarmare lo spettatore prima della stoccata amara finale.

La regia: coreografia dell’imbarazzo

Regia asciutta, visibile quando serve, il gioco di luci è un nostalgico richiamo agli anni ’80. Il bar di Stefano Zullo è modulare: bancone e sedute diventano confine, scudo, banco degli imputati. I movimenti disegnano una geografia dell’imbarazzo: quando il racconto scivola nel buio, le posizioni si stringono, le luci si raffreddano. Il suono non illustra, punta: micro–stacchi come spilli che segnano i passaggi etici.

Gli attori: quattro facce della stessa vulnerabilità

Sono quattro gli attori in scena, per raccontare quello che le donne vivono. Il quartetto funziona, nessuno cerca il numero solista: un perfetto gioco di squadra, dove l’ascolto reciproco è il valore aggiunto. L’espressività dei volti degli attori è più eloquente e incisiva delle battute stesse. La compostezza sembra punitiva, anche lo spettatore vorrebbe rompere le righe a certe provocazioni e reagire.

Diego Paul Galtieri tiene il timone del tono, mescolando nervo e ironia. Giulio Federico Janni lavora per sottrazione, con uno sfiancamento progressivo che buca. Francesco Meola porta il corpo nei chiaroscuri: dal comico al cupo senza strappi. Libero Stelluti sceglie tempi “sporchi” che diventano verità.

Perché vedere “Al suo posto”

Stiamo annegando in discorsi polarizzati, Al suo posto è teatro pragmatico: non urla, mostra. È perfetto per platee miste (scuole, aziende, pubblico generalista), perché entra dalla porta della risata (senza paternalismi) e lascia il segno dove serve. Cambia la postura dello spettatore, Al suo posto rovescia lo sguardo per rimettere ciascuno—finalmente—al proprio posto, quello del rispetto per l’essere umano, a prescindere dal genere.

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Anna Mazzeo

Giornalista pubblicista. Scrivo di libri che pochi leggono, spettacoli a cui pochi partecipano e problemi che troppi ignorano. Sono consapevole che, dove finisce la cultura, inizia il disagio. Più che dare risposte, preferisco fare domande.

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