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Luigi Liccardo: immagino storie e mi viene voglia di scriverle

“Piccoli racconti senza pretese”: un libro nato dal caso

“I racconti non sono nati tutti assieme. Sono stati scritti dal 2015 al 2018. Non avevo neanche pensato di pubblicarli, erano storie che immaginavo ed ho deciso di fermarle prima che le dimenticassi. Ho sempre scritto racconti molto brevi, per diletto. Immagino storie, spesso surreali, e mi viene voglia di scriverle. Così Luigi Liccardo, autore di “Piccoli racconti senza pretese”, mi parla del suo libro e della sua passione per la scrittura.

“Sono storie – prosegue –che nascono in maniera estemporanea, da un’immagine, un odore o anche da una domanda. Vedo una bambina che annusa un fiore, e mi chiedo da quanto tempo non lo faccio io, se ho perso quell’interesse, quella capacità di godere delle sensazioni che ci circondano. E poi chiedo a chi mi sta attorno da quando non annusa un fiore. E perchè?”

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Luigi nasce a Catania, classe 1980. “Una data – afferma – che per me corrisponde ad una vita fa”. Il suo percorso personale di crescita è segnato dalla passione per la musica, ereditata dal padre, dall’amore per il vino e la scrittura.

“Per lavoro – racconta – tutta la famiglia viaggiava tanto, e in macchina si ascoltava sempre molta musica, soprattutto cantautori italiani e rock band anglosassoni. E ancora oggi restano i miei ascolti preferiti, seppur contemporanei”.
La passione per il vino è nata dopo la maggiore età e “più lo conoscevo più lo trovavo interessante”. Così decide di approfondire questa passione, visitando cantine e fiere di settore e, successivamente, seguendo i corsi ONAV. 

“Vino e Musica, se ci pensi, racchiudono tutti e cinque i sensi”. 

La sua passione per la scrittura emerge in età adolescenziale, scrivendo racconti durante l’ora di filosofia sul diario dei compagni di classe. “Non sul mio – dice – perché non avevo un diario. Non mi piaceva avere un diario tutto mio, trovavo più divertente quello altrui”. Ma più che una passione per la scrittura, la sua è una passione per le storie. Gli piace molto leggere e, nel corso degli anni, sono cambiate le letture serali o meglio notturne, da Stephen King e J. R. R. Tolkien ad Alessandro Baricco e Stefano Benni.

Si definisce un barman, di quelli che fanno le quattro di notte. “E – aggiunge – penso che tutto questo non sia un caso: un po’ perché ho sempre fatto le quattro di notte e un po’ perché sono stato sempre affascinato dal mondo sensoriale. Credo che il lavoro che faccio sia in qualche modo un collegamento tra le due cose”.

“Piccoli racconti senza pretese”

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Questo libro nasce in modo del tutto casuale. Com’è avvenuto l’incontro con la casa editrice La Gru che ha pubblicato il tuo libro

«É stato un incontro felice. Non ho mai pensato di essere uno scrittore, ma chi leggeva i racconti che scrivevo per gioco, mi spronava ad inviarli. Così, ho cercato le case editrici che pubblicano senza chiedere contributo all’autore, ed ho inviato alcune copie. Fortunatamente, il manoscritto è piaciuto, ed avevo già altre offerte. Ma non sentendomi adatto al ruolo, non ho mai chiuso altri accordi. Poi Edizioni La Gru, nella persona di Serena, mi ha scritto una mail che mi ha convinto fin dal primo momento. E devo dire che come spesso si rivelano le scelte fatte d’istinto, sono contento di quanto deciso. La loro maniera di proporsi, la sento molto vicina».

– Perché “senza pretese“?

«Il mio libro è “senza pretese” come dice il titolo stesso, quindi non ho “pretese” di comunicare alcun messaggio, ma allo stesso tempo spero che chi lo legga apprezzi le cose belle che ha intorno, senza troppe pretese».

Scrivi che il bello “non va solo ammirato, ma anche toccato, assaggiato, odorato e adorato“. Ma, cos’è per te il “bello”?

«Se vuoi valutare la bellezza di qualcosa, viene spontaneo farlo visivamente. Ma, per un calice di vino il giudizio visivo non basta. Il bello è come un calice di vino. É bello se ti coinvolge con più sensi.
Faccio un esempio, se guardi il mare da dietro il vetro di un’auto, apprezzi sono l’aspetto visivo. Ma se immergi i piedi è tutto diverso. Oltre che vederlo, ne senti il suono, l’odore e lo senti sulla tua pelle. É una sensazione più intensa». 

– Nei tuoi racconti emerge il legame quasi viscerale con l’Isola e le sue bellezze: il mare, la montagna, gli odori, i colori, i suoni…

«Ogni racconto mi ricorda l’episodio, il luogo, il momento in cui è nato. Il vero rapporto credo di averlo con la Sicilia. Mi sento a casa in qualunque luogo della mia Isola. Ed è una terra di mare e di fuoco, di suoni e odori. Mi piace andare alla ricerca dei piccoli borghi, delle piccole produzioni, dei vigneti più antichi. E ovviamente amo l’Etna: banale, ma inevitabile».

sogni, progetti futuri?

«Ogni giorno sogno di creare un drink che sia bello, per il mio concetto di bello. E di prepararlo per degli ospiti belli. E poi, vorrei viaggiare dentro la mia isola e anche in altre isole. C’è del bello da scoprire ovunque». 

Vale veramente la pena bere un Gin Tonic con lavanda e timo?

«É sempre bello bere un buon gin tonic. Lavanda e timo sono molto fortunati».

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