“Il piacere dell’onestà” di Pirandello con Alessandro Averone al Teatro Brancati di Catania


“Il piacere dell’onestà” di Pirandello al Teatro Vitaliano Brancati di Catania

Dal 20 al 25 maggio 2025 è andato in scena, presso il Teatro Vitaliano Brancati di Catania, uno dei capolavori di Luigi Pirandello: Il piacere dell’onestà.

Alessandro Averone ha brillantemente reso il contrasto tra la “vita” e la “forma” – il pirandelliano relativismo psicologico – che si esprime in due sensi: orizzontale, ovvero nel rapporto interpersonale, e verticale, nel rapporto che una persona ha con sé stessa.

La commedia, ispirata alla novella Tirocinio, racconta la storia di Angelo Baldovino, un uomo che necessita di un riscatto sociale e che, per “il piacere dell’onestà”, accetta di sposare Agata, amante incinta del marchese Fabio Colli.

Poiché il marchese è già sposato, il matrimonio “bianco” (cioè privo di rapporti coniugali) tra Baldovino e Agata serve a nascondere lo scandalo e creare un’apparenza rispettabile. Ma in un mondo in cui tutto è finzione, il protagonista rovescia le regole e costringe gli altri a confrontarsi con una sincerità disarmante: a “parlare aperto”.

L’intelligenza che scusi la bestia, s’imbestialisce anch’essa. Ma averne pietà è un’altra cosa! Non le pare?

Pirandello e la dicotomia tra essere e apparire

Pirandello, maestro nel mettere in scena la frammentazione dell’identità e la contraddizione tra ciò che si è e ciò che si deve sembrare per assecondare la società, ha realizzato un’opera in tre atti – rappresentata per la prima volta il 27 novembre 1917 al Teatro Carignano di Torino – che è scomposizione e dissoluzione psicologica.

Il protagonista Baldovino (Alessandro Averone) incarna la tensione della lotta tra essere e apparire: accetta un matrimonio di facciata, ma nel farlo si trasforma in un uomo radicalmente sincero, mettendo in crisi chi lo circonda. Tematica universale e sempre attuale, centrale nella poetica pirandelliana.

Mauro Santopietro e Alessandro Averone – Il piacere dell’onestà | Teatro | Cosenostrenews.it

La logica è una cosa, l’animo è un’altra. Si può per coerenza logica proporre una cosa, e con l’animo sperarne un’altra. – Ora, credi, potrei prestarmi, per far cosa grata a lui e alla signora, a offrire un pretesto perché si sbarazzino di me. – Ma non lo sperino, perché io… – sì, potrei farlo – ma non lo farò – per loro – non lo farò perché loro non possono assolutamente desiderare che io lo faccia!

Regia e scenografia: un gioco di specchi e contrasti

Sul palco allestito in stile liberty, in un’atmosfera da Belle Époque, sfilano gli attori protagonisti. Agata (Alessia Giangiuliani) è l’amante gravida e disperata del marchese Fabio Colli (Antonio Tintis), codardo ed egoista, che cerca di salvare la sua immagine agli occhi della società.

Maddalena (Laura Mazzi), madre di Agata, tra piagnistei e ruffianerie, non perde occasione per sedurre il cugino del marchese nonché mediatore della vicenda, Maurizio Setti (Mauro Santopietro).

Infine, il parroco dall’accento emiliano (Gabriele Sabatini) sdrammatizza con ironia e comicità la tensione in occasione del battesimo di Sigismondo, il nascituro conteso tra due padri.

Poiché si tratta del bambino – che prima di tutto appartiene alla madre – sentiamo anche lei.” (Baldovino)

La regia di Alessandro Averone rispetta la filologia dell’opera (non è nuovo alle opere di Pirandello). Attore di straordinario talento, per la sua interpretazione nello spettacolo Crisi di nervi. Tre atti unici, diretto da Peter Stein, è ora nella terna dei finalisti, come miglior attore protagonista, del Premio Le Maschere 2025.

Alessandro Averone non si limita a dirigere lo spettacolo, ma lo trasforma in un affresco visivo e concettuale.

La scenografia ha un alto valore semiotico. Gli attori si trovano in un salotto borghese, luogo principe dell’ipocrisia sociale.

Una serie di corde tese, come il tendone di un circo, delineano il palco dalle quinte, mentre un’imponente struttura rossa, simile a una pagoda sospesa, ricorda un letto trapuntato capovolto. Essa incombe sui personaggi, ricordando loro il peso della finzione sociale. L’oggetto alieno, funzionale all’assorbimento delle luci, accende un faro sui loschi affari che si sottoscrivono alla scrivania.

Se nella memoria orientale la pagoda fungeva da reliquiario, qui sembra gravitare su una finzione diabolica: è il coperchio che manca, che non si adatta all’inganno.

Così Baldovino-Averone è l’outsider disincantato che, come il prescelto Neo in Matrix, vestito di nero (in netto contrasto con i costumi settecenteschi di scena), si muove dissonante rispetto al manierismo ipocrita degli altri personaggi.

Il protagonista, con la sua onestà brutale, diventa il fulcro di una riflessione sulla società e sul ruolo dell’individuo: siamo attori sulla scena della vita, ma esiste un momento in cui la vera lucidità prevale sull’illusione imposta.

“È più facile essere eroe che galantuomo. Si può essere eroe per un momento, galantuomo bisogna esserlo sempre.”

Uno spettacolo impeccabile, che mantiene il grottesco e il tragico in perfetto equilibrio, lasciando il pubblico con una riflessione amara e attualissima sulla nostra eterna lotta tra essere e apparire. Appropriate le musiche di Mimosa Campironi.

Laura Mazzi – Il piacere dell’onestà | Cultura | Teatro | Cosenostrenews.it

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Anna Mazzeo

Giornalista pubblicista. Scrivo di libri che pochi leggono, spettacoli a cui pochi partecipano e problemi che troppi ignorano. Sono consapevole che, dove finisce la cultura, inizia il disagio. Più che dare risposte, preferisco fare domande.

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