Fringe Catania Off – Intervista a Danilo Napoli: “Fare teatro oggi significa resistere”


Fringe Catania Off locandina "Lo spettacolo è stato annullato (causa fine del mondo)" di Danilo Napoli

“Lo spettacolo è stato annullato (causa fine del mondo)”

Dal 16 al 19 ottobre 2025, Danilo Napoli sarà in scena al FAB Catania (via delle Scale 10) con il suo nuovo monologo Lo spettacolo è stato annullato (causa fine del mondo), all’interno della rassegna Fringe Catania Off. Un lavoro distopico, tragicomico, radicale, che mette in scena l’ultimo attore rimasto sulla Terra, in un mondo devastato dove il racconto è l’unico gesto umano possibile.

Lo abbiamo intervistato per parlare di fine del mondo, di memoria, di urgenza, empatia e di nudità scenica. E di cosa si salva, quando non si salva più niente.

Danilo Napoli: “cosa resta dell’essere umano, quando smette di provare compassione?”

Il titolo è già una provocazione: “Lo spettacolo è stato annullato (causa fine del mondo)

Da dove nasce questa scelta, come è nata l’idea? Cosa ti ha spinto a immaginare questa geografia sociale e quali responsabilità senti di voler evocare?

Il titolo è nato per caso. Avevo già cominciato a pensare a uno spettacolo che trattasse questa tematica, poi ho avuto l’idea di un titolo così sopra le righe e ho pensato di mettere insieme le due cose. Mi piaceva l’idea che il pubblico si sedesse a teatro e si sentisse dire che lo spettacolo non si farà, perché “il mondo è finito”. Da lì si apre un gioco di specchi tra realtà e finzione: l’attore è nel 2156, ma in qualche modo anche noi lo siamo. Ho immaginato un futuro in cui il capitalismo ha completato la sua corsa autodistruttiva, dove i ricchi vivono sott’acqua e i poveri sopravvivono in superficie. È una visione estrema ma realistica, e la responsabilità che sento è quella di far riflettere su quanto stiamo diventando complici di questo disastro, continuando a fare finta di nulla.

Cosa significa per te “fare teatro” in un mondo che sembra alla deriva?

Fare teatro oggi significa resistere. Significa continuare a raccontare anche quando sembra inutile. È un atto politico (è sempre un atto politico), poetico e umano allo stesso tempo. Nel mio lavoro cerco di restituire al teatro la sua funzione originaria: quella di specchio, di rito collettivo, di presa di coscienza. È un modo per non smettere di guardare in faccia la realtà, anche quando fa paura.

Il tuo personaggio e il monologo. Come hai lavorato per trovare un equilibrio nel monologo, senza cadere nel didascalico o nel disperato?

Ho cercato la leggerezza nel disastro. Il mio personaggio è lucido, ironico, a volte feroce, ma anche (all’inizio dello spettacolo) rassegnato. Racconta il crollo del mondo con sarcasmo, come se l’unico modo per sopravvivere fosse ridere del proprio funerale. Non volevo che diventasse un manifesto ecologista o una predica, ma un viaggio emotivo: un uomo solo che, pur sapendo di non poter cambiare nulla, continua a parlare.

In scena non ci sono effetti speciali, solo parole e ascolto. Cosa ti ha insegnato questa nudità scenica sul potere narrativo e come reagisce il pubblico?

Mi ha insegnato che quando togli tutto, rimane la verità (e qui strizziamo l’occhio a Grotowski). In scena ci sono solo io, la voce, pochi oggetti e il respiro del pubblico. Il pubblico? Spero che reagirà bene, come con Rumore Bianco, seguendomi in queste montagne russe emotive, che è quel che cerco.

Se potessi salvare una sola cosa dalla fine del mondo, sarebbe il teatro? O c’è qualcosa che viene prima?

Forse salverei la capacità di provare empatia. Senza quella, il teatro non esisterebbe. Il teatro è solo uno strumento — bellissimo, fragile — ma ciò che davvero conta è l’umanità che lo attraversa. Se restasse anche solo una scintilla di empatia, allora sì: potremmo ricostruire tutto, anche il teatro. E potremmo farlo meglio di come ci siamo poi evoluti.

In Rumore Bianco affrontavi l’omofobia e la transfobia con una scrittura viscerale e diretta. Cosa hai portato da quell’esperienza nel nuovo monologo? C’è un filo rosso che lega i due lavori?

Il filo rosso è l’urgenza di raccontare ciò che brucia. In “Rumore Bianco” la ferita era personale e sociale; in questo nuovo lavoro diventa collettiva, planetaria. Ma la matrice è la stessa: parlare di ciò che ci disumanizza. Entrambi i lavori partono da una domanda: cosa resta dell’essere umano, quando smette di provare compassione? In particolare, credo che Rumore Bianco colpisca più alla pancia, sia più immediato. “Lo spettacolo è stato annullato (causa fine del mondo)” colpisce di più l’intelletto e credo che arrivi dopo.

Entrambe i tuoi spettacoli sembrano nascere da un’urgenza: quella di dire, di esporsi, di non tacere. Come scegli i temi da mettere in scena e cosa ti fa dire “questa storia va raccontata ora”? Quale tema tratterà il tuo prossimo spettacolo?

Scrivo in preda alla rabbia. Sempre. Non scendo in piazza, ma la mia resistenza la faccio aprendo il pc e cominciando a sanguinare (come direbbe Hemingway). Al prossimo spettacolo non ci ho ancora pensato, ma credo che parlerà dell’assurdità della questione palestinese.

Danilo Napoli - Fringe Catania Off

Danilo Napoli: corpo, parola e denuncia

Attore, regista e autore teatrale, Danilo Napoli è una delle voci più originali e inquietamente lucide della scena contemporanea.

Formatosi tra la Scuola Rosso&Nero Lab, l’Icra Project di Michele Monetta (mimo corporeo), e la 3CycleLab (doppiaggio, borsa di studio Netflix), ha affiancato studi di canto, scrittura presso RAI ERI, sceneggiatura e drammaturgia.

Lavora come attore per diverse compagnie nazionali, ma è soprattutto autore e interprete dei propri spettacoli, in cui fonde corpo, parola e denuncia.

Ha recitato per il cinema e prestato la voce a produzioni Netflix, Prime Video e film internazionali.

Ha vinto premi come miglior attore per i cortometraggi Martino e Yohiro, è stato finalista al Premio Hystrio 2022 e vincitore del Dubbing Glamour Festival 2023. Con Le regole del gioco ha conquistato il PanTeatro come miglior testo e spettacolo per la giuria popolare. Con Rumore Bianco ha vinto il Premio Voti del Pubblico al Fringe Catania Off 2024, è arrivato secondo al Mario Fratti Award (New York), ha vinto il PanTeatro Festival 2025 ed è stato selezionato in numerosi festival nazionali e internazionali.

Il palco come luogo di sopravvivenza emotiva

In un’epoca in cui l’apocalisse è diventata un genere, Lo spettacolo è stato annullato (causa fine del mondo) non si limita a raccontare la fine: la mette in scena, la smonta, la attraversa. Danilo Napoli, autore e interprete, ci porta in un futuro devastato dove l’unico gesto di resistenza possibile è raccontare. Il suo monologo tragicomico non cerca di consolare, ma di risvegliare. Tra rifiuti, memorie e battute, il palco diventa un luogo di sopravvivenza emotiva, dove il pubblico non è spettatore ma complice.

Fringe Catania Off

Il Fringe Catania Off è una festa del teatro e delle arti performative che trasforma la città in una mappa viva di cultura e sperimentazione. Una vetrina per compagnie indipendenti italiane e internazionali, che si esibiscono in spazi convenzionali e non, creando contaminazioni, incontri e riflessioni. Più che una rassegna, è un laboratorio urbano di empatia sociale, dove il palcoscenico diventa luogo di resistenza, dialogo e riappropriazione creativa del territorio.

Cliccate il link per consultare il programma del Fringe Catania Off

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Anna Mazzeo

Giornalista pubblicista. Scrivo di libri che pochi leggono, spettacoli a cui pochi partecipano e problemi che troppi ignorano. Sono consapevole che, dove finisce la cultura, inizia il disagio. Più che dare risposte, preferisco fare domande.

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